Ritagli

Venti ragioni per l’educazione musicale del cittadino

1. L’esperienza sonora è uno dei veicoli primari nella costruzione del mondo intellettivo e affettivo della persona.  L’udito, “tatto a distanza”, è strumento di orientamento e di costruzione della realtà, non solo o non tanto in senso fisico, ma in senso semiotico, o simbolico che dir si voglia: il mondo acquista gradatamente forma e significati, per il bambino, anche attraverso l’opera costruttrice dei percetti sonori. Si pensi solo al ruolo basilare che la percezione uditiva gioca nella strutturazione dei nessi spaziali e temporali compiuta dal bambino fin dal primo anno di vita. E’ su questo fondamento che si sono sviluppati i sistemi evoluti di simbolizzazione che fanno capo ai codici musicali. Dai livelli elementari della prima infanzia, a quelli avanzati delle più complesse creazioni artistiche, agisce in altri termini un pensiero uditivo, non riducibile ad altri pensieri, non surrogabile da altri sistemi simbolici. La sua originalità è l’originalità stessa del medium sonoro, dell’insieme di processi che lo riguardano, del percorso evolutivo che il pensiero segue nella crescita della persona, così come nella storia e nella consistenza dei suoi risultati, le opere musicali. L’educazione ha dunque il compito di permettere alla persona il massimo spiegamento di questa primaria risorsa o, in termini rovesciati, di impedirne l’arresto e l’atrofizzazione.
2. Fin dalla primissima infanzia l’esperienza sonora si salda strettamente con la motricità, accomunate entrambe dalla sperimentazione delle strutture ritmiche. Il suonare e il cantare mettono in campo sempre più raffinate abilità propriocettive, cinestesiche e ideomotorie; favoriscono l’acquisizione del coordinamento motorio (sincronismo, bilateralità, scioltezza del movimento); reciprocamente l’ascolto interiore è veicolo induttivo di comportamenti e strategie motorie.
3. L’educazione della percezione uditiva è il fondamento su cui si costruisce ogni esperienza musicale, sia di tipo operativo sia di tipo cognitivo. La capacità di ascoltare gli eventi sonori e musicali si traduce tout court in capacità di ascoltare se stessi, come presa di coscienza delle proprie modalità di sentire, e capacità di ascoltare gli altri, come partecipazione empatica, “consonante” con il loro mondo interiore.
4. La connessa capacità di vivere positivamente il silenzio appare particolarmente importante, in una società vieppiù esposta all’incremento della diffusione acustica, a una invadenza del suono, da cui l’individuo ha imparato a difendersi abituandosi ad escluderlo dal campo attenzionale, con le ben note conseguenze di tipo fisiologico, psicologico e culturale. Abituandosi a non ascoltare, la persona finisce col diventare incapace di ascoltare. La difesa dall’invadenza sonora, fino alle situazioni di inquinamento acustico, passa non da una mutilazione della capacità e dell’attitudine ad ascoltare, ma all’opposto da una presa di coscienza della realtà sonora e da una ritrovata capacità di mettersi in ascolto.
5. La perdita della capacità di ascolto consegna alla società di oggi un individuo esposto ai condizionamenti dei media. La manipolabilità del cittadino è direttamente proporzionale alla sua ineducazione. Si conosce bene la massiccia presenza della musica nei media, cinema, tv, radio, cd-rom, computer, Internet, videogiochi (in realtà audiovideo-giochi), luoghi sociali. Con la musica l’emittente fornisce un suo “punto d’ascolto” della realtà, simmetrico e complementare al suo “punto di vista”. E’ questa presenza che reclama una corrispondente attrezzatura critica nell’individuo. L’educazione musicale, nell’insieme dei suoi percorsi – percettivo, riproduttivo, creativo, cognitivo – si assume così il compito di trasformare in esperienza di comunicazione quella che il non educato subisce invece come condizionamento.
6. Nella sua storia l’uomo ha codificato, con il suono, un sistema di simbolizzazione ben distinto da quello verbale, quanto a potenziale semantico, a strutture morfologiche, a funzioni personali e sociali. Musica, o linguaggio musicale, può essere definita semplicemente qualsiasi organizzazione di materiali sonori – secondo codici distinti da quelli della codificazione verbale – attivata dal pensiero uditivo.
7. In quanto tale la musica, è dotazione fondante di ogni persona, non proprietà di individui privilegiati. E ogni persona ne è dotata in forme e modalità particolari. L’educazione ha il compito di confrontarsi, prima che con la quantità del senso musicale del soggetto, con la sua qualità, la sua tipicità, per poter stabilire quali debbano essere le strade per svilupparlo. Anche nel curricolo di educazione musicale sono necessarie scelte che rispettino e valorizzino l’identità musicale  del singolo allievo.
8. Fin dai primi anni di vita il bambino esprime il suo mondo interiore con i suoni. La musica, per il fatto di essere solo incidentalmente piegata, nelle nostre pratiche culturali, a funzioni referenziali, denotative, di comunicazione pratica, fa leva sulla dimensione affettiva: veicolando stati e percorsi emozionali specifici, il far musica, con la voce, con gli strumenti, con i mezzi a disposizione, permette, al bambino come all’adolescente, di esplorare, nell’emotività della musica, la propria emotività.
9. Il patrimonio musicale fornisce spazi di esplorazione di idee, emozioni, concezioni del mondo di alto valore estetico, non altrimenti esperibili. Il patrimonio del passato mantiene viva la sua valenza simbolica e ci consente di vivere e apprezzare la poliedricità delle culture, nonché, come avviene per le conoscenze, ci consente di esplorare il futuro.
10. Nel concetto così definito di musica rientra una categoria comunicativa tanto cruciale nella vita di relazione quanto trascurata e disattesa dalla routine scolastica: l’insieme di quei tratti che in ambito linguistico vengono chiamati sovrasegmentali o paralinguistici; ma meglio ancora prosodici, secondo l’etimologia che li riconduce correttamente a quel che sono in realtà, aspetti squisitamente musicali. La prosodia non è che l’irruzione di un codice musicale entro il linguaggio verbale, tale da far prefigurare un apposito percorso di educazione prosodica all’interno del più complesso curricolo di educazione musicale. Il controllo dell’oralità non può non passare se non attraverso il controllo percettivo, intellettivo, fisiologico, di eventi melodici (intonativi), dinamici (intensivi), ritmici, timbrici: che è la griglia stessa entro cui l’educazione musicale definisce i propri obiettivi e i propri contenuti. La maturazione delle abilità musicali ricade su quella delle abilità prosodiche, di dizione, recitazione, lettura espressiva; e viceversa l’educazione della voce parlante diventa uno strumento e un canale prezioso per la didattica musicale. Basti pensare ai trasferimenti possibili, reciprocamente, dall’esperienza del parlare a quella del cantare: quest’ultimo, linguaggio intrinsecamente multimediale,  bidimensionale.
11. Prosodia, canto, pratica strumentale sono forme che trovano un primo momento forte nell’attività riproduttiva, ossia nell’esecuzione dei repertori. Qui assume rilevanza una delle attività più tipiche e significative della disciplina, l’attività collettiva. Il far musica insieme esige una serie di condotte: saper conservare la propria autonomia e contemporaneamente sapersi coordinare con gli altri, equilibrando la propria sonorità con quella dei compagni, saper ascoltare il risultato dell’insieme, saper rispettare le consegne stabilite, saper assumere ruoli diversi. Tutte esperienze, nella loro sostanza uditiva specifiche e non surrogabili, per educare all’interazione e alla socializzazione.
12. Un secondo momento, altrettanto forte e significativo, la pratica musicale lo trova nelle attività di manipolazione creativa del suono, nella costruzione di eventi sonori, con la voce, gli strumenti, i mezzi sonori disponibili: sonorizzazioni, canti, accompagnamenti, variazioni di materiali sonori dati, creazione di eventi nuovi, improvvisazioni vocali e strumentali e così via; ma anche decisioni personali sulle scelte riguardanti l’esecuzione del repertorio, dinamiche, agogiche, frastiche, timbriche. Al bambino che nei primi anni di vita attiva spontaneamente tutte queste pratiche creative, producendo la sua musica con la voce e con i mezzi a disposizione, occorre offrire occasioni di sviluppo nelle età successive, per consentirgli di esprimere il proprio mondo interiore nelle forme sonore congruenti con la progressiva maturazione personale, e nella sostanza espressiva propria del medium sonoro, in parallelo e a integrazione del suo sviluppo creativo negli ambiti visuali, gestuali, verbali.
13. La creatività è anche il terreno della libertà. Per il soggetto, prendere coscienza della liceità di scelte estetiche diverse dalle proprie è un viatico per maturare la capacità più generale di darsi ragione delle scelte altrui, e di accettarle: un valore aggiunto dell’esperienza creativa, che facilita l’accettazione del cambiamento e del nuovo, e la conquista dei valori della relatività e della tolleranza.
14. Insieme alle altre discipline che non fanno capo, almeno prioritariamente, al linguaggio verbale (ossia arti visive e motricità), la musica è terreno privilegiato per far accedere il giovane all’incontro multietnico. Il bambino che anche in carenza di interazione verbale condivide a scuola con l’extracomunitario le rispettive musiche, sarà più facilmente l’adulto capace di rispetto e di interesse verso le altre culture. Proprio perché la musica è in primo luogo pensiero, simbolizzazione del mondo, le musiche degli altri popoli ci aiutano a capire le loro culture. Questo varrà a maggior ragione per la nostra cultura, del presente e del passato. L’adolescente, che ha accesso ormai a musiche di ogni parte del globo, deve trovare nella scuola la possibilità di contestualizzare l’ascolto e di scoprire e apprezzare, attraverso la musica, le valenze della cultura spirituale e materiale degli altri popoli.
15. Oggi la musica è una componente imprescindibile della cultura dei giovani, una manifestazione che impegna una parte cospicua e intensa della loro vita. Lo è, e lo sarà prevedibilmente sempre di più, perché sempre più facile sta diventando l’accesso alla produzione, alla registrazione e alla conservazione di suoni e musiche: la tecnologia che sta facendo compiere passi da gigante alla multimedialità allinea ormai l’accessibilità del repertorio sonoro e musicale a quella della parola e dell’immagine. Non è solo l’aspetto fruitivo a venire rivoluzionato dall’elettronica e dall’informatica: i giovani possono già oggi attivare la propria creatività musicale in forme più dirette, articolate e multiformi di quanto non fosse possibile con i mezzi tradizionali. L’estrema duttilità e plasticità del materiale sonoro – la sua apparente non-resistenza materica, la sua stessa labilità temporale – lo rendono il veicolo più capace di dare forma alle pieghe sottili e instabili della personalità adolescenziale. Possedere le chiavi di accesso alla fruizione musicale, e in particolare alle sue funzioni nei media, è uno dei bisogni più sentiti dai giovani, che esigono una riposta consistente da parte della scuola. Solo così è possibile evitare che restino consumatori passivi e acritici, in balia del mercato, e ne diventino invece attori, capaci di capire, di scegliere, di formarsi un gusto avanzato, di produrre in proprio.
16. Nel ciclo superiore va presa in considerazione, accanto ai bisogni basilari di cultura musicale da parte dei giovani, e accanto alla specificità delle professioni legate alla musica, la rete delle professioni in cui le competenze musicali assumono oggi una funzione portante, da quelle tecnologiche a quelle educative, da quelle impresariali a quelle terapeutiche, da quelle dei media a quelle dell’economia e della gestione della cultura.
17. La musica non nasce oggi. Attraverso i suoni le generazioni che ci hanno preceduto hanno allestito un immenso repertorio di “testi”, un patrimonio di idee e di emozioni. E’ anche attraverso questo patrimonio che la civiltà attuale è diventata nei suoi aspetti migliori quello che è. Un compito irrinunciabile della scuola è fornire ai giovani i basilari strumenti di comprensione – interpretazione e analisi – della musica, permettendo di superare una sua fruizione riduttivamente edonistica, e contrastando l’esclusione a cui altrimenti la persona si troverebbe condannata.
18. La musica non nasce come un gioco di dadi. Ogni composizione musicale, ogni performance musicale, nascono come voce dell’intero mondo simbolico degli individui che le creano e della loro società di appartenenza. Per questa ragione la comprensione dell’evento musicale, inserita nella più ampia lettura multidisciplinare della realtà, apre il giovane all’intero ambito di cultura e civiltà da cui l’evento è scaturito, storico, sociale, antropologico, religioso e via continuando, così come avviene con le manifestazioni che hanno preso corpo negli altri linguaggi: a condizione che gli siano fornite griglie interpretative sempre più ricche e criteri per un ascolto analitico sempre meglio articolato.
19. Il momento analitico dell’esperienza musicale, le operazioni di ordinamento logico, di relazionamento, di inferenza, la conoscenza dei meccanismi sintattici e delle regole del codice, forniscono alla più generale competenza cognitiva dello scolaro strumenti e oggetti unici, esclusivi, su cui esercitarsi.
20. Non va infine dimenticato che nei suoi momenti riflessivi, nel dialogo quotidiano tra alunno e insegnante, nella trasmissione delle conoscenze, nelle attività di interpretazione e di analisi, nella lettura dei testi, nell’acquisizione di un lessico specifico, l’educazione musicale – e questo è naturalmente vero per ogni altra disciplina – è anche, largamente, educazione verbale. Proprio la centralità del linguaggio verbale nella comunicazione colloca la competenza linguistica fra le tipiche competenze trasversali, e quindi fa assumere l’educazione linguistica all’intero corpo insegnante. Da una parte ciò alleggerisce il carico di responsabilità dell’ora di italiano, dall’altra invoca una perequazione d’orario fra le discipline.
§ Questo testo è stato scritto da Carlo Delfrati nel 1999 per la Commissione Ministeriale per la riforma dei cicli scolastici, come documento preliminare, illustrante le ragioni che spiegano la necessità dell’educazione musicale nell’intero curricolo scolastico dai tre ai diciotto anni.

La società italiana per l’educazione musicale: ragioni, finalità, prospettive d’azione

 

 

 Prime schermaglie

Appena nata la SIEM bisogna rintuzzare gli attacchi all’educazione musicale. Come in questa replica al Corriere della Sera: Venerdì 5 dicembre 1969:

 

 

 

 

 

 

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